Ci sono leggende metropolitane che nascono in sordina e poi diventano parte del nostro immaginario collettivo. Una delle più suggestive – e inquietanti – è senza dubbio quella della stanza d’albergo scomparsa, nota nel mondo anglosassone come The Vanishing Hotel Room o The Vanishing Lady.

È una storia che sembra uscita da un vecchio giallo, ambientato tra alberghi eleganti, corridoi silenziosi e un senso di smarrimento che cresce a ogni passo (potrebbe sembrare una storia Lynchiana).
Una donna viaggia con la madre verso una grande esposizione mondiale a Parigi. La madre accusa un malore; la figlia chiede aiuto al personale dell’hotel e viene mandata dall’altra parte della città a prendere una medicina. Quando torna, il colpo di scena: niente è più come prima. La stanza non esiste più, la madre è sparita, e nessuno – receptionist, camerieri, concierge – sembra riconoscere la ragazza. La sua presenza, la loro permanenza, ogni traccia: tutto volatilizzato. Lei è sola, disperata, e nessuno le crede.
Le varianti della leggenda: complotti, epidemie e sparizioni senza ritorno
Come spesso accade nel folklore urbano, quello che conta non è la versione “originale”, ma la capacità della storia di mutare e adattarsi, diventando a tutti gli effetti così una leggenda metropolitana.
Le varianti della Vanishing Hotel Room sono moltissime e hanno a che vedere alcuni piccoli dettagli della storia:
L’ambientazione
Quasi sempre siamo a Parigi, durante l’Esposizione Universale del 1900 (quella della Tour Eiffel e della messa in mostra dell’elettricità e del cinematografo, messo a punto dai fratelli Lumière). Due donne, spesso madre e figlia, talvolta due amiche. Molto raramente – ma succede – i protagonisti sono due uomini.
L’internamento psichiatrico
Una delle versioni più crude: la figlia, accusata di delirare, viene rinchiusa in un ospedale psichiatrico dove trascorre il resto della vita. In questa versione la leggenda diventa un j’accuse legato alla fragilità dei diritti delle donne alla fine dell’Ottocento.
Il grande complotto sanitario
Alexander Woollcott, in un racconto del 1929 pubblicato sul New Yorker, introduce una spiegazione destinata a rimanere nella storia: la madre è morta di peste nera. La polizia e la direzione dell’hotel, temendo il panico tra i turisti e un collasso dell’Expo, cancellano ogni traccia della donna. Si tratta di una variante potentissima di questa storia: una società che, per proteggere l’economia e l’immagine di sé, sacrifica un individuo – e nega perfino il suo ricordo.
Quello che rimane sempre uguale, è il nucleo della storia. In tutte le versioni restano invariati: la sparizione inspiegabile; la negazione della realtà da parte degli adulti, dei professionisti, delle autorità l’isolamento psicologico della vittima.
È forse per questo che la leggenda funziona così bene: racconta il terrore primordiale di essere “gaslighted” dal mondo intero.




